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La pioggia sulla luna (fanfic FFVIII)

Aperto da Lightning, 24 Febbraio 2016, 12:15:41

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Lightning

E allungavo le mani, immersa nel soffice blu del cielo intenso, tanto reale da essere morbido. I petali dei fiori volavano sul cielo sfiorandolo, confondendosi. E continuavo ad agitare le braccia, fino a perdere l'equilibrio.

Libera come quei petali.
                                    Sentivo la mia risata, il sorriso che lentamente si apriva ed un lieve tepore alle spalle. Nessuna sorpresa, quando si aprirono due bellissime ali ed il verde lasciò spazio ad una luce accecante. Iniziava così il viaggio nell'aria... e la luce delle ali si attenuava e non riuscivo più a vedere i miei capelli, ma solo un bellissimo celeste intenso e chiusi gli occhi sentendomi sparire.
















Ora vedeva il rivestimento in legno del letto a castello, era stato solo un sogno. Sul cuscino il simbolo del Garden era molto grande. Rise, non era certo il massimo della vita svegliarsi in una stanza tanto piccola, dopo aver sognato di far parte del cielo. Rinoa si avvicinò alla finestra, anche se dormiva da sola e non era necessario, evitò di aprirla completamente per non fare rumore. Voleva sentire la luce lunare sulle guance.

Il Garden galleggiava seguendo le correnti del mare, senza una meta. Chiuse gli occhi e sentì la stanchezza degli ultimi tempi.
                   La strega.
           Suo padre.
La fuga dei compagni.
Ed era partita.
Aveva preso il treno del mattino, era passato un mese da allora.
                                                                            Aveva rivisto Seifer.

I Gufi del Bosco avevano abbandonato il quartiere generale per nascondersi. La base era stata rapidamente evacuata e lei... lo aveva seguito, il ragazzo con la cicatrice. Poi il dolore negli occhi di suo padre, la rabbia in quelli della strega ed il baratro in quelli di Squall. Aveva cercato di afferrargli la mano, senza riuscirci... Erano passati sette giorni da quel momento.

Li aveva aiutati a fuggire dalla prigione ed i seed si erano divisi. Forse per sempre.
Ora erano lì. Sul mare.
Fermi.

Il preside Cid aveva tenuto un discorso per rincuorare gli animi: i seed dispersi non avrebbero dovuto attendere ancora a lungo, presto le spedizioni di soccorso li avrebbero trovati e ci sarebbe stato un comunicato stampa, i nemici dei seed si sarebbero pentiti di essere nati!
Così gli studenti erano diventati nervosi e scoppiavano già i primi litigi in mensa, per mangiare i panini. Iniziava a sentirsi di troppo, anche lei aveva i suoi impegni, doveva lasciare il Garden e parlare con suo padre, per sapere se si era ripreso e per ultimare un discorso da presidente a capo della Resistenza che avevano iniziato molto tempo prima. Prima di lasciare nuovamente la città, avrebbe dovuto riorganizzare la Resistenza, parlare con i cittadini di Deling City e riunire i compagni sotto un nuovo nome.
Trovare la sua strada. Viaggiare lontano.

Era questo che voleva, no? Era sempre stato il suo sogno, andare via e poi là, lontano da suo padre, dalle guardie dei racket e dai seed, avrebbe ricominciato dal nulla. Sognava di lavorare in un hotel, ma non per suonare il piano, immaginava di vedere i turisti arrivare e poi partire, mentre lei rimaneva là.
Lontano dai seed che dovevano combattere la guerra.
Mancava poco tempo, ormai si trattava di giorni.
Eppure...

Gocce argentate iniziarono a scorrere sulle sue guance, mentre pensava qualcosa che non osava dire. Distolse lo sguardo dalla luce e ricadde nel letto, non era... Chiuse gli occhi.

Il ragazzo con la cicatrice, il seed. Lui l'aveva scelta. Ed era per questo che lei era lì, in quel letto caldo e soffice, in un posto che non aveva mai visto prima... Mentre gli altri seed...
Gli amici di Squall, non erano più tornati. L'aveva preferita a loro. Il simbolo sul cuscino era in rilievo, una striscia bianca ed una nera s'incrociavano ed ogni volta non poteva fare a meno di ripensare al simbolo dell'armonia, ma una scuola di guerra non poteva di certo essersi ispirata a quello...

Così andava meglio, pensando ad altro trovava tutto molto più facile. Strinse l'anello che portava al collo.

Angelo, il suo cane era accucciato vicino alla porta e dormiva. Domani avrebbe chiesto un giro turistico a Squall nel Garden. Cid aveva l'età di suo padre. Zell le aveva chiesto se poteva fare qualcosa per lei... Aveva ballato, quel giorno ed era passata una stella cadente. Quella cicatrice... Aveva chiesto a Zell la copia dell'anello di Squall... Angelo aveva sbadigliato... Il letto sopra di lei era sempre più lontano.

Sul marciapiede la foto di suo padre sulla rivista era stata strappata e ritoccata con la penna, ma ci passò sopra senza riguardo, mentre la folla la spingeva avanti ed ancora avanti. A Deling City pioveva spesso ed aveva dimenticato l'ombrello a casa. Nonostante gli stivali, aveva molto freddo.









Entrò in un bar. Le note del piano attirarono la sua attenzione, però non era sua madre. La donna non era bruna. Il cameriere che di solito serviva il mercoledì sera, le portò una cioccolata calda con panna e la fece sedere. Il bar aveva un aspetto accogliente, le luci tutt'altro che soffuse emanavano un bagliore caldo che spezzava la triste atmosfera esterna.

La poltrona rossa era vicino alle scale che portavano al piano dei convegni, ma da lì poteva vedere chi entrava: un ragazzo sui diciassette anni, un'anziana signora, una ragazza bionda con un ombrello pieghevole in mano. Poi un altro ragazzo che la seguì di corsa ed entrambi iniziarono a ridere. La cioccolata era deliziosa e la panna sapeva di cacao, fuori la folla andava diramandosi, mentre il bar diveniva sempre più affollato. Le persone che entravano erano tutte accomunate da una luce particolare, lo stesso sorriso, gli stessi gesti distratti, l'aria tranquilla. Non avrebbe potuto immaginarli in nessun altro luogo, se non in quella luce arancione.
Non le piaceva più rimanere seduta lì, anche il piano era stato abbandonato. La pianista se n'era andata e lei non se n'era accorta, la canzone non l'aveva toccata particolarmente. Sul tavolo non c'era il solito biglietto con il nome della canzone. Fuori pioveva ancora. Due tavoli più avanti un gruppo di amici rideva sommessamente, la coppia di prima sussurrava ed il cameriere scriveva sul taccuino.
Si alzò, con la leggera sensazione di essere diversa.

Nello specchio della toilette rivide la pianista, che le disse "Ciao".
Sorrise per educazione, ma non ricordava chi fosse.

"Sapevo che te ne saresti dimenticata... ma non importa, sono felice per te."
Guardò l'immagine allo specchio, era vestita in modo impeccabile. I lunghi capelli biondi erano liberi in una cascata di ricci e il vestito era argentato, stupendo sui riflessi negli occhi.

"So che vieni qui ogni notte, non sentirti a disagio."
Trattenne il respiro, ma la donna le sorrise, rivelando una schiera di denti bianchi e perfetti. Aveva appoggiato la spazzola vicino alla borsa bianca e si era voltata verso di lei, per guardarla negli occhi.

"Oggi tua madre non è potuta venire, la sostituisco io."
Rinoa la guardò stupita. Come conosceva sua madre?!

"Avevo bisogno di parlarti, sai?"
In quegli occhi verdi rivide la notte scorsa, lo stesso bar, il tavolo nell'angolo e le note di sua madre, il suo vestito rosso. La scorsa notte e le precedenti.

"E' da allora che tu vieni qui ogni notte. Non ricordi più quand'è stata la prima volta?"
Eppure, non poteva essere vero. Era entrata solo per colpa della pioggia, lei non veniva mai qui. Voltava la testa mordendo una brioche, mentre parlava con gli amici, pur di non guardare più quelle vetrine, ma non aveva mai più rimesso piede lì...
Fino a quel momento.
Gli occhi.

Non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi verdi e leggermente azzurri, dai riflessi dorati che su quel viso avevano un che di meraviglioso.

"Tu vieni qui ogni notte, ma ora non ce n'è più bisogno. Mi chiedevo se..." chiuse leggermente gli occhi ed inclinò il capo "Sapevo che non sei una cattiva ragazza e ti perdono. Dimmi, perché è così difficile per te?"
I muscoli armoniosi sotto la pelle chiara, le spalle dritte e i movimenti leggeri.
La conosceva senz'altro.

"La prima volta che sei venuta qui, io non c'ero ancora e me lo ha raccontato lei. Avevi quell'anello e prima non l'avevi mai messo. Ti sei seduta lì ed hai aspettato che venisse da te, dopo la canzone."
Aveva fatto un passo verso di lei, i suoi occhi erano limpidi, decisi. Sapeva di aver appoggiato il mento sui pugni quella sera, mentre aspettava un cenno della pianista. Quel giorno la busta era sul tavolo.
La pianista era sua madre.

"Sai bene che non poteva farlo, però aspettavi lo stesso e lei cantava anche per te. La canzone racconta proprio di qualcuno che la osservava dall'angolo del bar e tu all'improvviso la vedevi proprio come quel giovane soldato. Bella, ma lontana: troppo perfetta per essere umana e rimanevi a guardarla, indecisa sulla sua natura, mentre muoveva i tasti in un connubio armonioso di note. Lo sapevi? Non poteva venire perché nessuno avrebbe mai più potuto tendere una mano verso di lei... Sapevi che sentiva i tuoi occhi su di lei in quelle notti? Ma non poteva guardarti."
Chiuse gli occhi e vide il volto della ragazza bruna che suonava il piano vestita di rosso, che sapeva suonare ad occhi chiusi, ma non vincere l'emozione di uno sguardo. Si vide alzarsi sulle note finali e raggiungerla.
Come aveva odiato il cameriere, quando le aveva detto che non poteva farlo.

"E quando Edea ha scagliato l'incantesimo, cosa hai provato? Hai avuto paura per tuo padre.
Sapevi, che avrebbe tanto voluto essere l'uomo di quella canzone? Avrebbe voluto esserlo con tutto il cuore. Dopo non gli era rimasto altro di lei, a parte te. Perché ti costa tanto ammettere di averlo privato di tanta gioia?"
Ora riusciva quasi a vederlo, nel riverbero del suo sguardo in quegli occhi intensi, il presidente di Deling City così come lo aveva visto molto tempo prima. Le stava dicendo che ora era troppo stanco per ascoltarla, anche solo per sentirla parlare, per accompagnarla alle feste, per starle accanto. Rinoa aveva smesso di socchiudere gli occhi nell'attesa di una sua risposta cortese ed era cresciuta. Quante occhiate di odio, al di sopra di quelle spalle.

"Hai bisogno di sentirti a casa, da qualche parte... e se non vuoi tornare indietro...
Perché non vuoi farlo adesso? Perché non vuoi accettare il Garden come la tua nuova casa?"




Qualcosa la investì,
una cascata di memorie le
proruppe in mente e si accorse
di essere in un sogno.



                                                         Quistis.






La ragazza era Quistis e lei era fra le disperse. Normalmente aveva i capelli molto più biondi e li teneva legati, portava un vestito lungo arancione e combatteva. Era molto intelligente, insegnava già da molto tempo, prima che Squall partecipasse all'esame per diventare seed. Aveva rinunciato all'insegnamento per tornare in campo ed era stata assegnata alla squadra di Squall.
Si era sempre chiesta se lo avesse fatto solo per restargli accanto, nonostante tutto.

"Dimentica. Non aspetti altro, in fondo. Dimentica... non tornare più qui. Riponi l'anello in un cassetto e non oltrepassare mai più il cancello della casa di tuo padre. Svegliati, come se fosse la prima volta.
Partecipa alle lezioni, diventa una seed e non tornare più qui, indietro.
Dimentica... e fa dimenticare tutto anche a lui."
Quistis si girò verso lo specchio. Lo smalto trasparente sulle unghie bianche, un pendente a forma di goccia e una vistosa scollatura, due occhi tristi, ora quasi vitrei, e la bocca socchiusa.

Le mani di Rinoa sfiorarono l'anello che portava al collo... l'anello della busta.

"Dimenticare? Dimenticare tutto... svegliarmi come se fosse la prima volta. Diventare una sempai per davvero, dimenticare. Non posso farlo, no... Un giorno il Garden approderà da qualche parte e io non saprò fermare Squall dal partire.
Un giorno il Garden di Balamb entrerà in guerra con quello di Trabia. Un giorno anche lui, come il soldato che piaceva a mia madre da giovane, partirà e io dovrò rimanere indietro..."

"Quando ha saputo che era morto, solo allora ha sposato tuo padre."
Quistis si riferiva al soldato a cui era dedicata la canzone, in realtà suo padre lo aveva sempre sospettato. Probabilmente aveva anche capito chi era, ma era come se non l'avesse sentita. Era impossibile fermare la cascata di parole che le stava attraversando le labbra.

"Non potrò stargli vicino, perché io non so combattere come lui... come te. Ci ho provato, ma resto sempre indietro... i rumori mi confondono, le grida mi stordiscono ed il calore del fuoco mi brucia e loro corrono lontano, continuano a correre senza fermarsi, mentre i nemici si
Il suo amore è pieno di odio, Il suo odio è pieno d'amore. Questo è arrivata a sapere, dopo aver camminato nella nebbia, dietro un fantasma che chiamava bene e salute. Le tocca lasciare la rassegnazione, la pazienza. Le tocca restare qui, fuori dell'io e del tu, in una ressa di parole, tutte da districare, da farne cose e gesti.
Nemmeno un istante può fermarsi.

Lightning

avvicinano alle loro spalle... io lo chiamo, ma lui non arriva, non torna indietro per me ed è allora che ho paura. Io che ho paura... Ho lasciato la casa di mio padre per vivere con la Resistenza, i Gufi del Bosco senza alcun rimpianto, eppure quando ho visto la vostra scuola e ho capito com'erano in realtà le guerre...
Il Garden... la mia casa...
Non può essere così, non lo sarà mai."

"A volte l'amore può non raccontare una storia particolare, però chi ti può dire che non ci sia lo stesso? Ho sognato il soldato di cui parli. E' tornato, sai? E si era seduto al tuo posto, lo stesso di sempre. Non ha sentito la melodia, quella notte. So che il giorno dopo è partito di nuovo ed è ritornato nel villaggio in cui aveva passato la convalescenza. Una donna gli aveva curato le ferite e lui ha ritrovato la pace nei suoi occhi, ha smesso di sentirsi triste e le ha teso la mano. Si sono sposati ed hanno avuto un bel bambino."

"Mio padre non ha mai posseduto l'amore di mia madre."

"Quella donna non possedeva il cuore del soldato, ma la sua anima. Tua madre aveva il suo cuore e ne bastava un confuso ricordo per farlo battere, ma quella donna aveva la sua anima e sopra quella sfrenata passione che il suo cuore continuava a provare, lo ha condotto verso la pace.

Si può smettere di pensare ad una persona, ma non di amarla.
Il soldato ha scelto la pace, dopo il tanto soffrire...

Quel giorno, quando tua madre ha capito che il soldato era morto e ha scritto la canzone, quando lui ha saputo che si era sposata, entrambi si sono detti addio, quel giorno d'ottobre. Il cuore non ha smesso di battere, ma l'anima ha cominciato a volare in alto, alla ricerca della pace ed entrambi hanno trovato un nuovo amore, l'amore di una vita intera."

"Io non voglio dire addio a Squall."

"Un amore sublime e maturo, che è durato per il resto della loro vita. Non condannare nessuno per le scelte volute dal destino."
"Basta!! Smettila di parlare della mia famiglia... noi non ci conosciamo!!! Smettila di... farmi sentire in colpa"
Poi aggiunse "Ti verrò a salvare." Quistis allora sorrise, un sorriso triste e fragile.

"La canzone è tutto ciò che rimane di quell'amore mai confessato, eppure sotto la stella cadente gli stessi occhi si sono rincontrati. Qual è stato il tuo desiderio? Si dice che si avverino solo quando è l'anima a volerlo. Si avverano anche se non capisci quali sono. Ed il cuore si lascia comandare dal destino."

"Squall..?"

"Io so solo quello che mi hanno raccontato in questo bar, a Deling City. Dimentica, Rinoa.
Dimenticati di noi tutti."

"No... verrò a salvarvi... tu, Selphie e Irivine!!!"

"Tu non vuoi salvarci. Tu vuoi scappare dal mondo.
Vuoi fare tuo, il posto in cui siamo cresciuti noi!!
Posso perdonarti, ma non farmi ingannare!!"
Non capiva il perché di quelle ultime parole così dure. Il viso rilassato di Quistis, si era alterato all'improvviso. I suoi occhi persero quell'aura d'incanto e molte fiamme lambirono il volto di Rinoa, che non seppe come reagire.

"E' questo che non accetti, è questo che non vuoi!!! Sono i nostri ricordi che ti attirano, sono i ricordi che noi possediamo sul Garden, quello che cerchi!!! Puoi dimenticare il tuo passato se vuoi... ma non puoi appropriarti del nostro!!! Non potrai mai fare tuoi i nostri ricordi!! Vai via... non tornare mai più qui!!"
Poi successe una cosa strana, Quistis perse la sua sicurezza e si appoggiò al muro, poi al pavimento.

"Non hai mai visto tua madre suonare, sono le memoria di qualcun altro queste!! Smettila!!"

"Vattene via!!!"
Le mani incrociate sul petto, il volto sfigurato da un'espressione di sconforto. Quistis non poteva più perdonarla, adesso... Rinoa provò a sussurrare il suo nome, ma lei l'allontanò di scatto.

"Tu non puoi essere qui!!"

Si voltò e fece per andarsene, quando la sentì dire "Io so che cosa vuoi in realtà!!! Non hai ingannato me e non ingannerai nessun'altro!!!!!! Ammetti ciò che vuoi a te stessa, prima che lo capisca anche lui..."
E poi "Ti avevo offerto l'oblio di una nuova vita, ma tu ti ostini a scappare e rifugiarti nei ricordi. Lo sai, non è vero che ci sono luoghi peggiori di questo, per trascorrervi una serata?"

Prima di andarsene Rinoa le fece la domanda che avrebbe voluto farle da quando aveva capito chi era. "Hai mandato via mia madre, solo per farmi soffrire? Per vendicarti di me? O forse semplicemente per Squall?"

"Io non avevo altre memorie oltre alla tastiera del piano, sei stata tu stessa a mostrarmi tutto, si leggeva nei tuoi occhi cupi." Poi il tono di voce cambiò, divenne più dolce e si massaggiò la testa. "Prima di aiutare a camminare un bambino, la tua gamba rotta deve guarire. Se non aspetti, potrai solo insegnargli a zoppicare.
Non puoi aiutare Squall, se prima non aiuti te stessa."

Uscì dal bagno e le persone non sembrarono accorgersi di lei. Quistis... quelle parole e quegli occhi.
Le verità che aveva sentito. Tutto quanto iniziava a scoppiarle nel petto, un battito forte, ma lento. Il desiderio di non aver mai saputo. La paura di non poter ignorare nulla. Paura, paura... paura e dolore.

"Come mai questa sera va via così presto? Di solito ascolta sempre la canzone."
Si girò verso un ragazzo biondo e con un orecchino. Il cameriere di prima.

"Può tornare quando vuole."

Vide la porta sul retro aprirsi e Quistis che si dirigeva verso il piano, sorridendole perché non poteva fare altrimenti.
Le sue mani luccicanti per lo smalto si muovevano veloci sul piano, mentre cantava la canzone composta da sua madre. Uscì fuori.

Pioveva tanto, diluviava. Però i ricordi rimasero vividi nella sua mente, la pioggia non li lavava via e lei correva lontano, oltre la porta di trionfo e l'hotel. Un lampo illuminò la strada.
Si fermò vicino ad una cabina telefonica ed entrò prima di sentire il tuono.












Perché, perché le scocciava così tanto pensare che prima o poi avrebbe dovuto lasciare il Garden?

Sbatté il pugno destro sul vetro, senza provare dolore.

Perché non voleva rivedere nessuno a Deling City? Perché avrebbe preferito morire di fame in quella dannata stanza, piuttosto che... Ma per quale motivo? Perché?!
Perché non... non voleva salvare gli amici di Squall?

Si appoggiò sul vetro e chiuse gli occhi.

Era questo che aveva pensato prima, mentre vedeva la luna. Aveva espresso il desiderio di rimanere lì sul Garden assieme a Squall e di lasciare gli altri in balia del loro destino.
Quando lui aveva detto il suo nome, Quistis l'aveva gelata con un'occhiataccia. Non se n'era accorto nessuno, ma lei sì ed adesso non voleva più rivederla, anche a costo di lasciarla morire.
Avrebbe potuto prendere il comando della situazione e tornare al Garden, lasciandola partecipare alla missione più pericolosa... invece aveva affidato la scelta a Squall, che non si era accorto di nulla, non aveva capito che in quel modo lei gli stava affidando la sua vita, così aveva chiamato Zell e non aveva detto il nome di Quistis, anzi aveva scelto proprio lei, Rinoa.

Si strinse ancora di più nelle ginocchia. La Quistis del suo sogno l'aveva capito subito che lei avrebbe preferito abbandonarla, lasciarla morire... piuttosto che avere ancora paura di essere lasciata indietro, sola fra i nemici.

Quando Squall aveva detto a tutti la sua scelta, erano stati tutti d'accordo e Quistis era pronta a sacrificarsi, Irvine invece provava qualcosa per Selphie e sarebbe andato comunque con lei, non l'aveva sulla coscienza.

Cosa c'era che non capiva nei loro sguardi? Perché si sentiva esclusa da qualcosa di tanto profondo?
All'inizio aveva pensato che fosse per il contratto, per il loro essere ciecamente fedeli con chiunque li assoldasse, per il loro sacrificio immediato, però non era solo questo.
C'era qualcosa di più negli occhi di Quistis. Allora le erano sembrati molto diversi, disperati nella ricerca di qualcosa che voleva da tempo e non riusciva ad ottenere. Aveva pensato che fossa alla ricerca dell'amore, di un po' d'attenzione da parte di Squall, eppure nella luce obliqua della cabina, sapeva di aver visto anche qualcos'altro. Aveva capito che lo faceva per Selphie, per amicizia. Non aveva accettato di sacrificarsi, ma  lo aveva scelto per quella ragazza che conosceva da così poco tempo... Non lo faceva neanche per se stessa, questo era chiaro. Quistis era immune da quell'egocentrismo che caratterizzava Squall, lui l'avrebbe fatto solo per rispettare gli ordini e dimostrare di avere coraggio. Ecco, aveva finalmente capito che cosa la differenziava da lei... Quistis non voleva dimostrare niente a nessuno, aveva già la stima di tutti.
Tutti si fidavano di lei, perché era una ragazza intelligente e sapeva molte cose, perché sapeva mantenere il controllo, perché a causa dei riflessi delle lenti, nessuno capiva mai se era triste. Lei invece, aveva molto da dimostrare a suo padre, a Squall, a Cid e agli amici di Squall, ma soprattutto a se stessa. Quando era scappata di casa, l'aveva fatto per la città, ma non solo per quello. Quistis invece aveva rinunciato al suo impiego prestigioso e non l'aveva fatto per dimostrare qualcosa. In realtà non aveva ancora capito che cosa cercasse tornando in battaglia, però era chiaro che quella scelta non le avrebbe fatto meritare i complimenti di nessuno. E poi, la cosa più terrificante di tutte... le aveva chiesto se stava bene, quando aveva raggiunto la Strega Edea da sola per bloccarle i poteri con il Bracciale di Odino. Il suo gesto aveva distratto tutti, che avevano dovuto modificare il piano per recuperarla. Ora lei...

Non aveva il coraggio di chiederle se stava bene. Di restituirle il favore. Glielo aveva chiesto dopo il grande ballo, quando non aveva ancora avuto molte occasioni di parlarci. Avrebbe dovuto odiarla, invece...
E si sentiva come l'asfalto bagnato dalla pioggia.

Guardò oltre le sue ginocchia per osservare la desolazione del marciapiede, tutto ciò che era per terra veniva calpestato senza pietà. Dopo che Squall era stato colpito dalla magia di Edea, nessuno le aveva detto che era stata colpa sua, ma si sentiva responsabile. Non ricordava nulla di ciò che era successo dopo, però rivedeva spesso gli occhi di Squall nei suoi sogni, mentre cadeva nel vuoto e lei urlava il suo nome.

La via della cabina telefonica era vicino al suo quartiere ed infatti la persona che vide passare era il maggiordomo personale del presidente.

Casa. La sua casa. Quella vera.

Si alzò in piedi, cercando di non perdere di vista l'uomo, mentre pestava i piedi di molte persone e veniva colpita dagli schizzi delle auto. Lo chiamò anche per nome, ma era già entrato nel cancello principale.

Scorse un riflesso sulla vernice nera e fece giusto in tempo a nascondersi, poi vide suo padre uscire ed entrare in una macchina nuova. Una Ferrari nera.
Ora.
       Mentre il grande cancello cigolava, riuscì ad entrare da quello sul retro. Camminò in fretta, curvandosi sotto le finestre fino ad arrivare ad una porta e poi dentro. Si ritrovò in salotto, i mobili erano leggermente diversi, più semplici, ma sempre di gran classe. Un tappeto rosso e giallo ricopriva gran parte del terreno, fino ad arrivare al piano. Rinoa si avvicinò lentamente, come per non disturbare la pianista. Il legno era lucido e la chiave era inserita nello sportello. I tasti bianchi, erano impolverati. Era passato tanto tempo da quando qualcuno lo aveva suonato... scoprì una nuova rabbia dentro di sé.
Non c'era alcun bisogno di trattare così un oggetto del genere, ma d'altronde era in sintonia con il comportamento di suo padre. Era solito lucidare molte cose, per nascondere la polvere al loro interno.
Sul comò di fianco sulla sinistra, vide la foto di una ragazza bionda che poteva avere la sua età. Corse di stanza in stanza, notando il nuovo arredamento, i tappeti, i quadri ed il viso di quella ragazza in altre foto. Lei e sua madre non c'erano più. Anche suo padre non compariva più da nessuna parte. Corse più veloce, lontano da quelle facce che non conosceva.

Salì le scale e finalmente la vide... La porta chiusa. Si fermò per riprendere fiato, per ricordare quelle notti in cui era scappata di casa, le volte in cui l'aveva vista all'alba senza il coraggio di tornare e quell'unica sera. Quando era entrata attraverso il giardino e da una finestra aveva visto suo padre nello studio, ma non era entrata, perché ormai aveva un'altra casa. Erano otto mesi che non tornava.
Tese la mano verso la maniglia, ma una corrente gelida la investì senza pietà, aprendo all'improvviso la porta. Facendole scoprire all'improvviso che tutto era cambiato, che lei non ne faceva più parte.

Faceva freddo e la finestra era aperta. Entrò.



I mobili erano molto impolverati e le sue foto, i quadri... era tutto appoggiato sul letto... i libri, che un tempo aveva sistemato nella libreria, erano stati impilati sull'orlo della scrivania. Non c'era nulla in quella stanza che le potesse ricordare un solo istante di felicità. Guardandola, non poteva nemmeno dire con certezza che fosse veramente la sua...

Scosse la testa.

Qualcosa doveva essere rimasto per forza!! Cercò la scritta che aveva fatto da piccola, il disegno seminascosto dal pennarello bianco del bianchetto, ma i cassetti erano vuoti e i segni dello scotch sul muro, iniziavano a farla sentire a disagio, come se non fosse più la benvenuta. Come avrebbe potuto anche solo sperare che la sua stanza stava per essere imbiancata? La polvere si era impigliata persino in quelle strisce gialle.
Solo il letto pareva lo stesso, anche se le lenzuola non profumavano più di vaniglia. Una piccola foto si era impigliata su un filo sporgente, all'inizio non l'aveva notata perché era visibile solo il lato bianco.
La prese con delicatezza, come si fa con le cose, quando si spera che ce le abbia fatte trovare il destino.

Bastò un attimo, ma sarebbe potuta cadere.

Se in quella foto avesse visto sua madre, avrebbe potuto trovare una buona scusa per quel mancamento così brusco. Ma sua madre non c'era, invece vide una ragazzina di otto o dieci anni sorridere, con un braccio alzato nel tentativo di toccare una farfalla. Aveva un occhio chiuso e l'altro braccio toccava la mano di un uomo inginocchiato sull'erba, che rideva e l'abbracciava. Non ricordava nulla. Niente.
Non sapeva dove o quale occasione fosse... era una bella foto, spontanea e felice. Sembrava persino di poter sentire una sorda  melodia felice. Non ricordava... e questo la fece sentire triste, perché le sembrava che ci fosse qualcosa che le aveva cancellato ogni ricordo e che aveva determinato l'inizio di una nuova epoca, quella dove lei e suo padre non si parlavano più. Aveva perso per sempre la possibilità di vivere momenti del genere...

"Spero che stia per uscire. Non può rimanere qui."
Scosse la testa. Era la voce del maggiordomo, non le fu necessario girarsi per riconoscerla.

"Almeno il suo nome, per cortesia."
Il suo amore è pieno di odio, Il suo odio è pieno d'amore. Questo è arrivata a sapere, dopo aver camminato nella nebbia, dietro un fantasma che chiamava bene e salute. Le tocca lasciare la rassegnazione, la pazienza. Le tocca restare qui, fuori dell'io e del tu, in una ressa di parole, tutte da districare, da farne cose e gesti.
Nemmeno un istante può fermarsi.

Lightning

Si girò con calma apparente e chiese chi fosse la ragazza bionda delle foto. Le fu risposto che era la lontana nipote del presidente. Poi il maggiordomo le chiese ancora il suo nome.

Lo sguardo di Rinoa fu corroso dall'ira in poco tempo e mentre anche il respiro le diventava affannoso, strappò la foto. James cercò di fermarla, ma lei lo spinse via. Poi si ritrovò sulla strada, senza ricordare come ci fosse arrivata e pioveva ancora dentro di lei... e nei suoi occhi.











Lasciò la città e scelse uno dei tanti sentieri oltre la periferia. Il vestito era diventato blu scuro, quasi nero ed i capelli le si erano incollati sul collo e sulle guance. Gli stivali affondavano nel fango.
Quando ebbe la forza di alzare lo sguardo vide delle rovine. Un posto del genere non c'era a Deling City, ma le parve inutile preoccuparsi di come ci fosse arrivata. Cadde in ginocchio sull'erba e sentì le gocce di pioggia farsi acute e pesanti, quasi dolorose. Il cielo era nero, non c'era un solo spiraglio grigio fra quelle nubi.

Anche quel giorno pioveva.
                                       Era affacciata alla finestra della sua stanza ed alitava sul vetro.

Il giorno in cui aveva ricevuto quell'anello in una busta.
     Il rombo del tuono le aveva fatto paura, aveva chiuso la tenda.

Il ricordo di quella stanza scomparve, sempre più lontana ed incerta. Nel buio, la luce dei lampioni squarciava le nuvole, era nel mezzo del nulla, poco distante dalla strada. Fece qualche passo e la città si rivelò in tutta la sua grandezza, il teatro dalle scale orlate di rosso, la porta di trionfo illuminata e la statua che raffigurava i due guerrieri.
Si avvicinò stupita, aveva notato qualcosa che l'aveva lasciata senza parole. Il ginocchio di uno dei due guerrieri poggiava sulla superficie di cemento e la spada nella sua mano era tesa verso la destra. L'altro era in piedi, lo sguardo dritto davanti a sé ed il gunblade sulla spalla. Le ricordavano Squall e Seifer. Il rumore di una gomma la fece voltare... Scintille di fuoco nella notte.

Il camion non poteva frenare, vide avanzare una macchina bianca da destra e poi...






      Le fiamme le riscaldarono il viso.




                                  Aveva sentito le urla dei suoi genitori.

Si alzò per soccorrerli, ma il vetro dove sedeva sua madre era appannato. Non riusciva a vederla. Urlava il suo nome e cercava qualcosa che potesse rompere quella barriera. Il padre aprì la portiera, chiedendo aiuto per la moglie. Rinoa lo ignorò e si abbassò sul vetro per capire che aspetto potesse avere sua madre, quando la macchina sparì come la strada e la notte. Solo la voce di suo padre e la canzone di sua madre che proveniva dalla radio del camion... "Tendi la mano verso di me e scoprirai che non sono un sogno."
L'urlo dell'uomo e poi...

Lei correva veloce sulla bici, aveva dieci anni e voleva raggiungere il colle più alto per volare nel cielo. Era arrivata in cima, ma non successe nulla. Si toccò l'anello che portava al collo.

Rinoa corse verso la ragazzina.

Aveva preso la valigia e l'aveva buttata dalla finestra con un tonfo spaventoso.

Si fermò, aveva visto qualcuno e si chiese se non fosse suo padre, quello che aveva appena spento le luci nello studio.

Voleva fondare i Gufi del Bosco e non poteva rimanere in casa del nemico, per questo stava andando via e non sarebbe più tornata.

Si avvicinò a quella finestra, ma le tende erano chiuse e non capì chi fosse l'uomo.

Il muro divenne sempre più bianco e rovinato, mentre la tenda si riduceva ad uno spesso strato di polvere.
Era di nuovo nelle rovine e si sentiva sola, pioveva.

Si sentiva stanca di fuggire, stanca di iniziare sempre da capo ogni volta. Si era comportata male con tutti, aveva preso le distanze da suo padre, che le aveva detto addio in silenzio, ora i suoi compagni, quelli per cui aveva lasciato per sempre la sua casa, erano nascosti e non sapeva dove. Avrebbe perso anche il Garden fra poco, perché Quistis di certo avrebbe detto a Squall come si era comportato male, che aveva preferito una sconosciuta a lei, che lo conosceva da tanto. Si vedeva già, tentando di discolparsi debolmente, mentre nella sua mente si andava delineando l'accusa di omicidio.

Sarebbe stata sola. Per sempre.

Il Garden era diventata la sua casa in pochi giorni. Adorava parlare con Squall. Ridere con lui e Zell alla mensa. Sentire i ragazzi più giovani che la chiamavano "Sempai" scambiandola per una di loro, una seed. Non voleva perdere tutto, perché ormai non trovava più nemmeno le parole per definirlo, eppure in questo incredibile desiderio, continuava a sentirsi tremendamente in colpa, perché Quistis non era con lei e perché gli altri non erano tornati.

Eppure voleva che il tempo non passasse... e avrebbero potuto dimenticare, essere felici. Quando erano tornati al Garden, i mostri dell'aula d'addestramento erano scappati e lei aveva provato a combattere con Squall e Zell, ma non riusciva nemmeno a correre veloce e poi, i suoi attacchi erano quasi del tutto innocui. Loro erano coraggiosi, davano la loro vita per gli altri, ma lei... lei aveva paura. Un mostro particolarmente grande, l'aveva rincorsa fino all'angolo del parcheggio ed era caduta. Ricordava ancora la corsa di Squall... le fiamme del gunblade che si riflettevano nei suoi occhi, la fronte aggrottata, le braccia protese sulla destra ed i capelli che venivano spinti all'indietro dal vento. La corsa di un leone. Niente e nessuno avrebbe potuto fermarlo e lei si era sentita così debole, vicino a quelle moto che non sapeva usare, incapace di difendersi come di scappare.







Per questo aveva chiesto l'anello di Squall, anche lei voleva essere un leone come lui.

Quistis nel bar che cantava la canzone di sua madre. Avrebbe perso anche lei la vita se non fosse stato per colpa sua? Se quel giorno lontano non si fosse ammalata ed avesse visto lo spettacolo forse, avrebbe potuto sentire le ultime parole di sua madre, forse... dopo suo padre non l'avrebbe ignorata, non avrebbe rivisto in lei il volto di sua madre e lei non avrebbe mai fatto parte dei Gufi del Bosco... mai.
Ed Edea non avrebbe ferito Squall.

Dov'era? Non importava, che si perdesse per sempre in quel maledetto acquazzone. Che rimanesse per tutta l'eternità ad urlare sotto la pioggia, al buio. Era meglio così.

Aveva deluso tutti, le era rimasto solo quell'anello. L'anello di sua madre.












Aveva le palpebre irritate, Angelo le stava leccando la faccia. Era iniziato un nuovo giorno.

"Va via di lì!!!"

Rinoa si mise a sedere, quello che stava vedendo era Squall?!

"Ho sentito il cane guaire."
"Oh, mi dispiace!! Di solito mi sveglio presto e lo porto nell'area addestramento."
"Non aveva bisogno di una passeggiata."
"E tu come fai a saperlo?" Lo disse sorridendo, il cuore le batteva forte.

"Era preoccupato per te, stavi piangendo."
"Ho fatto un brutto sogno."
Disse cercando di concentrarsi sui suoi capelli. Quando mentiva le veniva sempre da arrossire.

"Io sono venuto qui a cinque anni."
Lui le dava le spalle, si era seduto sul letto.

"Io e Seifer eravamo sempre insieme, sempre a litigare. La cicatrice me l'ha fatta lui."
Il cuore le batteva forte, quella cicatrice non si era ancora cicatrizzata, perché aggrottava troppe volte la fronte, ma lo rendeva carino e le piaceva.

"Ora sta seguendo il suo sogno romantico, è diventato il cavaliere della strega ed è nemico del Garden. E' arrivato con me, eravamo entrambi i più piccoli. Non ricordo molto bene quel periodo. Ora devo eseguire gli ordini e lui ha scelto di essere un nemico."
"Ti senti in colpa? Per... odiarlo?"
"Combattere per vendetta è diverso. Provare piacere ti fa sentire uguale a chi stai uccidendo."
"Lo odi davvero a tal punto? ... Da sentirti sporco dentro?"
"Se lui fosse da qualche parte e io lo sapessi, non potrei mai rimanere qui."
"Perché?"
"Potrebbe comportarsi male, potrebbe avere bisogno di aiuto."
Rinoa lo guardò negli occhi, non le aveva mai parlato così.

"Non fai che chiederti... e se morisse?"
"Io non posso fare nulla per cambiare le sue scelte."
"Devi combatterlo, però. Lo ucciderai, se necessario?"
"L'ordine è quello."
"Ma se tu potessi scegliere di aiutarlo?"
Aveva parlato d'impulso, non aveva pensato che lei questa domanda l'aveva evitata con molta cura, quando parlava con se stessa.

"Ti ho sentito parlare nel sonno."
Il suo viso si infiammò, qualunque cosa avesse detto durante il sogno, c'entravano Quistis ed i suoi amici. Ora il riferimento era chiaro. Anche Squall ce l'aveva con Seifer e si stava chiedendo se fosse ancora vivo, la differenza era che sapendo dove fosse, l'avrebbe raggiunto. Si vergognava tanto...
Perché non aveva chiuso a chiave?

"Non vorresti non incontrarlo mai più solo per non scontrarti con lui? Prima di fargli del male? Molto male..."
Provò a dire... non che volesse fare del male a Quistis, però lei ne avrebbe fatto a lei. Di sicuro.

"Nessuno ti manderà via. Tu sei una civile e loro dei seed. Era il loro compito, il mio ordine."
"Sono i tuoi amici, e Quistis aveva chiesto a te di scegliere!! Avresti dovuto scegliere lei, salvarla..."
"Non sono i miei amici."
"Li conosci da sempre."
"Solo Quistis ed era la più alta in grado, con molti anni d'insegnamento alle spalle. Era la soluzione più logica per garantire la sopravvivenza gli altri."
"Non ti manca un po'? Non hai paura che sia... morta? Che se tu l'avessi scelta adesso sarebbe qui?!"
Si stava quasi arrabbiando, non l'avrebbe mai detto. Quistis non aveva deluso nessuno in tutta la sua vita, era intelligente e coraggiosa, messe al confronto il vero leone era lei, senza dubbio.













"Io posso dormire per terra se necessario, non ho bisogno di una stanza. Non ho mai avuto una famiglia. E loro sono solo i miei compagni, non mi servono in battaglia. Ogni luogo in cui vado è la mia casa."
Allora lei sentì il bisogno di dimostrargli il contrario, di fargli capire che lui poteva avere qualcuno accanto, se lo voleva... lei era lì.

"Ma quando piove, non hai voglia di trovarti in un luogo caldo? Con qualcuno a cui vuoi bene?"
Squall la guardò all'improvviso, lei arrossì e continuò a parlare.

"Non hai voglia di pensare che tornerai nello stesso posto, la prossima volta che pioverà? Io... non ho un posto del genere da quando..." Prese in mano l'anello. "E adesso trovarmi qui, senza mio padre o i Gufi del Bosco, mi fa sentire bene. Al caldo ed al sicuro. Però tutti qui non sembrano essere capaci di fare altro a parte combattere, sono agitati, impauriti dal silenzio stesso e io... io sento di non poterti seguire, di non poter seguire te e Zell. Così vorrei che non trovassimo mai un luogo per riparare il Garden, per non rivedere mai più Deling City e quel maledetto bar... e non salvare più nessuno."
Squall non aveva smesso di guardarla, ma ora era diverso... ora avrebbe voluto che guardasse altrove come al solito.

"Ieri sera ha piovuto nel mio sogno, Squall, e io mi sono accorta di considerare questo luogo il mio, ma non ho il diritto di pensare una cosa del genere, con Quistis, Selphie ed Irvine che sono dispersi. Non posso trovare il mio punto d'appoggio in un luogo che dovrò lasciare, in una scuola militare alle porte di una guerra!!"
L'aveva detta. La cosa che non osava dire...

"Quando piove, ripenso all'unica persona a cui ho voluto bene, ma non ricordo il suo nome. Quando piove anche io ne ho bisogno... ma ora perché dipendere dagli altri? Possiamo risolverli da soli i nostri problemi. Ho vissuto fino ad ora senza aiuto. Ho mandato giù tutte le cose brutte e ho tirato avanti fino ad oggi da solo. Quando ero bambino non potevo fare niente da solo. Mi sono dovuto fidare della gente. Esisto perché delle persone sono esistite prima di me. Ma io vivo bene da solo... I mezzi per
Il suo amore è pieno di odio, Il suo odio è pieno d'amore. Questo è arrivata a sapere, dopo aver camminato nella nebbia, dietro un fantasma che chiamava bene e salute. Le tocca lasciare la rassegnazione, la pazienza. Le tocca restare qui, fuori dell'io e del tu, in una ressa di parole, tutte da districare, da farne cose e gesti.
Nemmeno un istante può fermarsi.

Lightning

cavarmela ce li ho e non sono più un bambino. Ma quando piove, quando piove, ovunque io sia... invoco quel nome e sto male, perché non arriva nessuno."
Rinoa guardava i suoi occhi verdi ed azzurri.

"A volte mi accorgo di poter soffrire e vorrei farne a meno, ma non ci riesco. Io... non posso tornare a Deling City da mio padre, non dopo tutto questo. D'altra parte i Gufi del Bosco si sono smembrati e divisi. Fa paura sapere di avere bisogno degli altri, quando sai che non potresti contare solo su te stesso. Io in questo caso non ho i mezzi, oltre il Garden per me non esiste più nessun posto in cui tornare."

"Ora il Garden è sotto la mia custodia. e non mi sembra di averti mai imposto di andartene."
Rinoa lo guardò.

"Diventa una seed anche tu, noi abitiamo qui e non possiamo scappare, né ignorarti."
Rinoa rise, non aveva mai sentito una frase come quella da Squall.

"Quistis potrebbe rinfacciarmi il fatto di non essere andata al suo posto, in fondo era solo colpa mia se è successo tutto questo. Potrei sentirmi così in colpa da decidere di andarmene."
"Questo si chiama scappare."
"Lo so."
"Quistis non può avercela con te. Doveva proteggere Selphie e Irvine."
"Io non riuscirei mai a proteggere nessuno. I Gufi del Bosco non hanno risolto nulla."
"Io non chiedo la protezione di nessuno."
Rinoa lo guardò, si perdeva nei suoi occhi. Forse quando stava vicino a lui, non poteva fare del male a nessuno, perché non aveva bisogno di lei... che strano controsenso. "Che ti succede?"
Squall stava guardando il cane.

"Nei miei sogni chiamo qualcuno. E sento la pioggia che lentamente mi scorre dentro, fino a svuotarmi..."
Rinoa lo guardò, aveva messo un cerotto più resistente sulla cicatrice.

"Voglio salvare i tuoi amici." Gli disse all'improvviso.
Lui la guardò "Non sono i miei amici."
"Anche se questa non è la mia casa e quelli non sono i tuoi amici... .. Io voglio restare e salvarli lo stesso!!"
"Sei una civile."
"Sono riuscita a diventare il capo della resistenza e ho conoscenze influenti."
"E se dovesse piovere ancora?"
"Forse questa volta avrò un ombrello con me."


"Siamo vicini al porto."
"Verrò con te."
"Ora devo andare."
Lui si alzò, Angelo lo guardò con aria triste.

"Squall?"
"Uhm?"
"Quistis... Voglio salvare anche lei." Aveva inclinato la testa, cercando di ricordare l'immagine del suo sogno, quegli occhi indefinibili. "Anche se... non mi sono comportata molto bene con lei. Mi aveva detto di non interferire,  quella sera della parata a Deling City, io però ho raggiunto lo stesso la strega e dopo lei...  mi ha chiesto se stavo bene. Squall, io voglio salvarla!! Anche se non riesco a combattere bene quanto te, io voglio farlo!! Voglio salvare anche Seifer, se possibile.
Non odio nessuno così tanto da lasciarlo nei guai, da decidere deliberatamente di non salvarlo.
Voglio esserci anch'io."
Ora Angelo stava guardando lei.

"E come pensi di fare?"
Le chiese guardandola stupito, in effetti era pur sempre una frase detta da una civile.

"Sei un seed famoso adesso, no?"

L'altoparlante si accese proprio in quel momento.

"Ci vediamo dopo."

La porta si richiuse e lei fu di nuovo sola.
La finestra era ancora socchiusa, l'aprì ed il vento le scompigliò i capelli.

Casa. Quella sarebbe stata la sua casa, per adesso. Dopo, avrebbe sempre potuto chiedere a suo padre della luce che aveva visto spegnersi nel ricordo e magari salutare con calma i suoi vecchi compagni. Dubitava fortemente di poterlo fare presto, ma sentiva il bisogno di tornare a Deling City, un giorno.
Anche solo per rivedere il bar.
Il suo amore è pieno di odio, Il suo odio è pieno d'amore. Questo è arrivata a sapere, dopo aver camminato nella nebbia, dietro un fantasma che chiamava bene e salute. Le tocca lasciare la rassegnazione, la pazienza. Le tocca restare qui, fuori dell'io e del tu, in una ressa di parole, tutte da districare, da farne cose e gesti.
Nemmeno un istante può fermarsi.